L'amnesia per il crimine
Gli studi sulla amnesia per il crimine evidenziano come, in alta percentuale, gli autori di reato lamentino completa o incompleta incapacità di ricordare il reato da loro commesso.Secondo alcuni studi circa il 20-30% degli autori di crimini violenti lamentano amnesia più o meno completa per i comportamenti nell’intorno temporale del crimine stesso.
Tecnicamente, quando la la mancanza di ricordo consiste in una isola temporale attorno al reato essa viene chiamata amnesia lacunare. L’amnesia lacunare viene distinta in neurogena quando ha origine neurologica (es. dopo un trauma cranico) oppure in psicogena quando non c’è evidenza di causa neurologica ma può invece essere ricondotta ad un trauma psichico.
La questione è estremamente delicata perchè l’amnesia lacunare psicogena è un sintomo chiave per il disturbo dissociativo il quale a sua volta è condizione che potenzialmente genera un vizio di mente. Potrebbe anche essere facilmente simulata e quindi il Perito/consulente che è chiamato a valutare il caso ha, in sostanza, di fronte a due alternative che hanno dei riflessi completamente diversi nel processo.
Ebbene gli studi condotti sulle amnesie per il crimine di tipo psicogeno, come abbiamo detto, segnalano percentuali del fenomeno molto elevate. Tenuto conto che i soggetti autori di crimini violenti che lamentano con più frequenza amnesie sono quelli anche più vecchi e con precedenti arresti, gli autori hanno ipotizzato che essi abbiamo avuto in precedenza esperienza dei vantaggi derivanti dall’enfatizzare detta amnesia.
Uno dei problemi principali nel caso della amnesia per il crimine è quindi quello della genuinità di detta amnesia. La distinzione fra amnesia genuina e amnesia simulata non può essere effettuata con semplici colloqui clinici perché è stato dimostrato che il simulatore non può essere accuratamente identificato con questa procedura.
Ci si deve quindi affidare a metodiche strumentali, a specifici test che permettono di identificare se la perdita di memoria sia genuina o meno.
Queste tecniche sono particolarmente importanti in quanto permettono di affrontare tematiche una volta inaccessibili alla valutazione clinica. Il concetto di memory detection racchiude in sè differenti approcci focalizzati sull’analisi di indici diversi che, tuttavia, condividono lo stesso obiettivo ovvero indagare, attraverso misure indirette, il riconoscimento di determinate informazioni da parte del soggetto. In genere, questo tipo di tecniche si basa sul confronto tra la risposta ad informazioni considerate salienti e ad altre simili pur non “critiche”, assumendo che il ricordo del reato (detto “ricordo colpevole”), in quanto tale, sia presente esclusivamente nella mente di chi ha effettivamente commesso il reato.
In altre parole, ciò che ci si chiede è se il ricordo del reato sia presente e accessibile nella memoria del sospettato o se, al contrario, tali informazioni siano per lui genuinamente estranee. L’applicazione di tecniche di memory detection (ad es. CIT; Huntjens, Verschuere, McNally, 2012), fornisce lo strumento per affrontare una questione che, senza l’utilizzo di queste tecniche, sarebbe lasciata interamente all’impressione valutativa del perito. Immaginiamo il caso di un individuo sospettato di omicidio che simuli un’amnesia. In questo caso il ricordo del reato sarebbe presente nella memoria del sospettato, e il resoconto degli eventi da egli fornito corrisponderebbe sostanzialmente ad una versione “alternativa” di tale ricordo. Qualora venisse quindi chiamato a rispondere a domande circa il reato, egli dovrà quindi implicitamente inibire il ricordo vero per fornirne una versione artefatta. Numerosi studi hanno dimostrato come questo processo di inibizione del ricordo vero a favore di un resoconto menzognero presenti delle ricadute sul piano cognitivo.