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Coerenza e sincerità; incoerenza e falsa testimonianza?

Coerenza e sincerità; incoerenza e falsa testimonianza?

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Si legge spesso nelle sentenze, nelle quali il testimone od imputato viene qualificato come mentitore, che il Giudice formuli questo giudizio sulla base della rilevazione di contraddizioni nel racconto. Il racconto incoerente e con contraddizioni sarebbe, secondo un criterio di valutazione correntemente utilizzato, tipico del mentitore. Per contro, la coerenza ed assenza di contraddizioni sarebbe diagnostica di sincerità.

L’identificazione del mentitore dalle caratteristiche del suo racconto però non è così semplice.

Walczyk et al. (2009) ha confrontato gruppi di soggetti istruiti a rispondere in modo veritiero e menzognero a domande riguardanti informazioni autobiografiche e alle attività recentemente svolte. Il gruppo che doveva mentire non aveva tempo per prepararsi una risposta. In questo caso la consistenza nel racconto veritiero era di 7 volte più elevata rispetto al racconto menzognero. Quindi questo risultato è indicativo della effettiva diagnosticità dell’assenza di contraddizioni come indicativa di sincerità (e, per contro, delle contraddizioni come indicative di menzogna). Una differenza significativa veniva rilevata anche quando il mentitore aveva tempo di prepararsi prima di dare le risposte anche se la diagnosticità della incoerenza nei mentitori preparati era leggermente inferiore.

Stando a questo studio i criteri normalmente utilizzati dal Giudice in un processo penale troverebbero validazione.

Altre ricerche però mostrano un quadro meno chiaro quando si mettevano i mentitori alla prova in situazioni più realistiche. Se l’esperimento è più simile alla condizione reale come quello condotto da Leins e collaboratori (2011) le differenze fra sinceri e mentitori si riducono fino a quasi sparire. In questo esperimento una coppia di soggetti doveva andare al ristorante mentre una coppia di colpevoli effettuava un furto simulato ed doveva poi invece falsamente descrivere un alibi che li vedeva andare al ristorante. Tutti (sinceri e colpevoli) sapevano che erano sospettati e quindi dovevano tutti descrivere le stesse azioni (essere andati al ristorante). In questo caso quindi la diagnosticità delle contraddizioni come metodo per distinguere il sincero dal mentitore diminuiva significativamente.

Così concludono gli autori che hanno condotto una ricerca sistematica sulle differenze nelle contraddizioni fra sinceri e mentitori:

Considerando tutte le ricerche i dati indicano, contrariamente a quello che di solito si pensa che la coerenza non è necessariamente indicativa di sincerità così come l’incoerenza non è necessariamente segno univoco di menzogna”.

E’ vero che il mentitore si contraddice di più rispetto al soggetto sincero?

La presenza di contraddizioni nel racconto di un testimone viene solitamente utilizzato come un indicatore di bassa attendibilità e succede spesso che il racconto menzognero sia proprio identificato come tale perchè sono presenti molte contraddizioni. L’assunto implicito di questa regola valutativa usata frequentemente nel processo penale è che le contraddizioni siano una spia di un racconto costruito ad arte, contraddizioni che invece sono assenti quando un testimone sincero riproduce quello che ha effettivamente percepito in prima persona.

Gli studi scientifici sulla differenza che contraddistingue il racconto sincero rispetto a quello del mentitore mostrano una realtà più complessa.

Alcuni esperimenti di laboratorio (es.Walczyk et al. ,2009) mostrano come soggetti sinceri che raccontano episodi recenti della loro vita e soggetti istruiti a mentire sugli stessi episodi mostrano livelli di contraddizioni nettamente diversi con i mentitori che si contraddicono sette volte di più rispetto ai sinceri. Se però si dà la possibilità al soggetto mentitore di ripetere il racconto (di prepararsi) il numero di contraddizioni diminuisce ma resta comunque nettamente superiore rispetto al quelle prodotte “fisiologicamente” dal soggetto sincero.

In situazioni più realistiche però l’utilità delle contraddizioni come spia della menzogna diminuisce. Per situazioni realistiche si intendono situazioni più simili a quelle che realmente si osservano in un contesto investigativo dove sia il soggetto innocente che quello colpevole si sentono sospettati e hanno la possibilità, se colpevoli, di prepararsi un alibi e, ragionando, di verificarne la tenuta. In questo tipo di situazioni il numero di contraddizioni fra racconti diversi diminuisce nettamente nel soggetto colpevole che mente.

In breve quindi, quando si usano indicatori come l’assenza di contraddizioni per qualificare il testimone come genuino si deve porre attenzione alla possibilità che il soggetto abbia avuto tempo di prepararsi le risposte. In questo caso, pur mentendo, risulterà produrre poche contraddizioni o comunque molte meno di situazioni nelle quali è stato esaminato senza possibilità di costruirsi mentalmente un alibi e di verificarne con calma la tenuta. Come vedremo fra poco il prendere il sospettato di sorpresa è il modo migliore per far emergere che il suo racconto è costruito a fini defensionali.

In un processo penale il mentitore ha tutto il tempo di prepararsi. Come è possibile quindi procedere per far emergere la menzogna?

Le ricerche condotte sulla menzogna hanno messo in evidenza una serie di caratteristiche che la distinguono dal ricordo veritiero. Forse la caratteristica principale è l’allungamento dei tempi di reazione, della latenza con cui il soggetto risponde mentendo. Questo indicatore è molto efficiente ma purtroppo non è sempre applicabile in un contesto processuale (mentre lo è in fase investigativa) il motivo è dovuto al fatto che il soggetto che si “allena” alla menzogna produce una narrazione sotto molti profili indistinguibile da quella veritiera.

Coerenza e sincerità; incoerenza e falsa testimonianza?

giuseppe.sartori@unipd.it

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