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Il processo Lockerbie

Il processo Lockerbie

Riportiamo il caso di un disastro aereo avvenuto 26 anni fa, chiamato dalla stampa come “caso Lockerbie”. Il volo Pan Am #103 esplose in volo la cittadina di Lockerbie (Scozia) il 21 dicembre 1988. Nel disastro aereo morirono 270 persone, 259 a bordo dell’aereo e 11 persone a terra colpite dai rottami del velivolo. Nel 1991, dopo tre anni di indagini, fu condannato per questo atto terroristico Abd el-Basset Ali Al-Megrahi (appartenente ai Servizi Segreti Libici). Etichettato dalla stampa come “spia di Gheddafi”. Questa vicenda ha dato origine al boicottaggio internazionale della Libia durato fino a poco prima della caduta del regime di Gheddafi.

Ciò che ha portato alla condanna di Al-Megrahi fu la testimonianza resa dal sig. Gauci, un negoziante di La Valletta, capitale di Malta. Secondo le ricostruzioni investigative, Al-Megrahi avrebbe comprato dei pantaloni, un pigiama e altri indumenti nel suo negozio a novembre/dicembre del 1988. Quegli stessi vestiti sarebbero stati poi trovati nella valigia Samsonite che conteneva l’esplosivo che ha causato il disastro aereo.
La prima intervista al sig. Gauci risale all’1 settembre 1989, ossia nove-dieci mesi dopo la vendita degli indumenti. I verbali della polizia rivelano che egli si ricordava che quel giorno invernale del 1988 era da solo in negozio quando è entrato un uomo, poco prima dell’ora di chiusura (che avveniva alle 19.00), che ha comprato degli indumenti senza fare particolare attenzione a quello che comprava poiché, egli stesso avrebbe affermato, non erano per lui. Il sig. Gauci ricordava anche che quell’uomo aveva pagato in contanti, circa 56 sterline maltesi, ed è poi uscito con l’ombrello aperto perché pioveva.
Per quanto riguarda l’aspetto fisico del sospettato, sarebbe stato alto almeno 6 piedi (1,82m circa), aveva le spalle larghe, una testa grande, senza barba; indossava un abito scuro e parlava Libanese. Il sig. Gauci disse di sentirsi in grado di identificare l’uomo. Il 13 settembre 1989 il sig. Gauci si recò dalla polizia per creare un identikit fotografico del sospettato; disse che il risultato era soddisfacente, anche se il compratore aveva una cinquantina d’anni, mentre nella ricostruzione fotografica sembrava più giovane (sui 45 anni). Il giorno dopo andò nuovamente dalla polizia, dove gli furono mostrate due serie di fotografie, per un totale di diciannove, chiedendo se la persona che aveva visto quasi un anno prima fosse presente; egli identificò un uomo ma disse che era troppo giovane; aggiunse che se avesse avuto una ventina di anni in più, sarebbe assomigliato al suo acquirente. Ci furono poi altri tentativi di riconoscimento, dei quali uno merita di essere citato. Il 6 dicembre 1989 furono mostrate al negoziante altre foto, di cui una di un tale Abo Talb, ma egli non riconobbe nessuno. Successivamente, il fratello del sig. Gauci gli mostrò un articolo dal Sunday Times che conteneva una foto di Albo Talb; a questo punto il negoziante disse a suo fratello che probabilmente quello era l’uomo che stavano cercando.

Nel settembre 1999, quindi oltre un anno e mezzo dopo l’acquisto degli indumenti, il sig. Gauci visionò 39 fotografie, tra cui quella di Abo Talb, senza riconoscere nessuno. Di nuovo il 15 febbraio 1991: gli furono mostrate 12 fotografie. Gauci disse che sembravano tutti troppo giovani ma, esortato a guardare più attentamente, ne indicò una, sostenendo che assomigliava all’acquirente ma aveva i capelli troppo lunghi e, inoltre, dimostrava circa trent’anni mentre il suo sospettato ne doveva avere almeno dieci in più. La foto ritraeva il sig. Al-Megrahi nell’anno 1989, lo stesso anno in cui i due si sarebbero visti. Questa identificazione è avvenuta a distanza di più di due anni dall’evento.
Alla fine del 1998 -inizio 1999 Gauci vide in un giornale la foto di un uomo con gli occhiali. Disse che assomigliava all’acquirente, ma senza occhiali. Ricerche successive suggeriscono che l’uomo nella foto era proprio Al-Megrahi.  Due successive visioni dello stesso furono cruciali. Nell’aprile 1999 il sig. Gauci attese un line-up e disse che “pensò” che fosse il numero 5 (Al-Megrahi). Durante il processo, nel 2000, gli fu chiesto se vedeva il sospettato all’interno dell’aula ed egli indicò Al-Megrahi, affermando “me lo ricorda molto”. Il sig. Gauci fu intervistato almeno diciassette volte durante il periodo dell’inchiesta. Un coinvolgimento di una tale intensità e frequenza deve aver avuto un effetto importante nella ricostruzione dell’evento. Infatti, le continue interviste hanno generato nel teste la convinzione che la sua testimonianza fosse di centrale importanza per le indagini, ma allo stesso tempo che non fosse sufficientemente adeguata o dettagliata, portandolo a estendere e sviluppare il suo ricordo, seppur in modo genuino.
Andiamo ora ad analizzare i fattori scientifici rilevanti per la testimonianza del Sig. Gauci.
La prima identificazione del sig. Gauci avviene il 15 febbraio 1991, dopo più di due anni dalla vendita degli indumenti. Questo è un lasso di tempo eccessivamente lungo perché ci siano i presupposto di un buon riconoscimento. Non solo la memoria decade dopo un periodo così lungo, ma diventa anche più vulnerabile alle informazioni ricevute a posteriori. È interessante notare come il testimone ha fatto il primo tentativo di riconoscimento del sospettato nel febbraio 1991, ma lo ha riconosciuto solo in un  line-up nell’aprile 1999. Come scritto sopra, qualche mese prima, il sig. Gauci ha casualmente visto una foto del sig. Al-Megrahi; sorge il dubbio che tale foto abbia giocato il ruolo di informazione post-evento, causando ad Al-Megrahi di essere un volto familiare per sig. Gauci quando ha compiuto il riconoscimento.
Gauci ha inizialmente descritto l’acquirente come un uomo sulla cinquantina, alto almeno 6 piedi (1,82m circa). Ma Al-Megrahi è alto 5.6 piedi (circa 1,70m) e, al tempo in cui è avvenuto l’acquisto, aveva 36 anni. 12 centimetri e 14 anni sono una differenza significativa. Ma durante il processo, nel 2000, il testimone ha modificato la sua descrizione, rendendola più omogenea con le caratteristiche dell’ormai sospettato: afferma che l’acquirente era alto meno di 6 piedi. Quando gli inquirenti gli fecero notare tale discrepanza, egli affermò di non aver mai detto che era alto “almeno” 6 piedi, ma di essersi limitato a dire che era alto 6 piedi.
Analizziamo ora il livello di fiducia con cui il sig. Gauci riconosce il sospettato. Abbiamo visto precedentemente che la sicurezza con cui un teste identifica una persona non ha pressoché alcuna correlazione con l’accuratezza della sua risposta, ma sappiamo anche che tanto più un teste mostra fiducia nella sua risposta, tanto più il giudice è portato a credere che sia veritiera. In ogni caso, nel 2000 il sig. Gauci afferma che il sospettato è “l’uomo da questo lato” (indicandolo); questa affermazione esprime un livello di sicurezza maggiore rispetto a quello riscontrato il 15 febbraio 1991, momento in cui egli ha detto che Al-Megrahi assomigliava all’acquirente ma era più giovane.
Un altro elemento da tenere in considerazione è la provenienza geografica. Il sig. Gauci è maltese e ha dovuto riconoscere un uomo libanese. Abbiamo evidenziato precedentemente che l’abilità nel riconoscere persone che appartengono ad etnie diverse è piuttosto deficitaria ed è molto facile, anzi probabile, commettere errori nell’identificazione.
Vi sono poi altre incoerenze che si possono riscontrare nella testimonianza del negoziante. In primo luogo, egli ha affermato che avrebbe venduto gli indumenti ad Al-Megrahi un giorno d’inverno, probabilmente infrasettimanale, e che pioveva. Ricostruzioni a posteriori hanno indicato come possibili date il 23 novembre o il 7 dicembre 1988, ma Al-Megrahi si trovava a Malta solo il 7 dicembre. Per ricostruire il giorno esatto, Gauci è stato invitato a ricordare se fossero o meno presenti le decorazioni natalizie in città. Nella sua testimonianza iniziale egli ha asserito che non c’erano, ma al momento del processo nel 2000 ha affermato con sicurezza che gli addobbi natalizi erano presenti. In questo modo stava implicitamente sostenendo che la data più plausibile fosse il 7 dicembre, data in cui sapeva che Al-Megrahi era presente in città. Un ulteriore dettaglio riguarda le condizioni del tempo: in un primo momento, il sig. Gauci ha esplicitamente dichiarato di ricordarsi che quel giorno pioveva, tanto che l’acquirente, nell’uscire, ha aperto l’ombrello. Più tardi, le analisi meteorologiche hanno suggerito che era più probabile che fosse piovuto il 23 novembre piuttosto che il 7 dicembre. Al processo, le dichiarazioni rese dal testimone cambiano: afferma di ricordarsi che non stava piovendo quando il compratore è arrivato in negozio, ma che quando è uscito ha cominciato a gocciolare.
Questo cambiamento nelle dichiarazioni rese può essere spiegato attraverso la “riduzione della dissonanza cognitiva” , ossia quel fenomeno psicologico che descrive la situazione di complessa elaborazione cognitiva in cui credenze, nozioni, opinioni esplicitate contemporaneamente nel soggetto in relazione ad un tema si trovano a contrastare funzionalmente tra loro. Un individuo si verrà a trovare in difficoltà discriminatoria ed elaborativa se attiva due rappresentazioni tra loro contrapposte o divergenti. Questa incoerenza produce appunto una dissonanza cognitiva, che l'individuo cerca automaticamente di eliminare o ridurre a causa del marcato disagio psicologico che essa comporta; un metodo per eliminare questa dissonanza, come nel nostro caso, è quello di andare a modificare la sfera cognitiva e renderla coerente con l’elemento in dissonanza.
Questo caso fu portato all’attenzione dello “Scottish Criminal Cases Review Commission”, una commissione che riesamina i casi una volta che la condanna è stata emessa; se questa ritiene che vi sia la possibilità di un errore giudiziario, evidenzia il caso alla Suprema Corte di Giustizia Scozzese. Nel caso di Al-Megrahi, la Commissione ha espresso profonde riserve su come è stato condotto il processo ed ha concluso che potrebbe essere un caso di errore giudiziario.

Il processo Lockerbie

giuseppe.sartori@unipd.it

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