False memorie documentate
In un post precedente sono stati riportati i risultati sperimentali che mettono in luce come diverse pratiche, usate anche nei contesti terapeutici, possano indurre alla creazione delle false memorie.
Quindi, questo fenomeno non avviene soltanto nel contesto scientifico di un laboratorio, ma anche nella realtà clinica. Infatti, in contesti legali, si sono susseguiti numerosissimi casi di persone che, a seguito di psicoterapia, hanno riportato di aver vissuto eventi fortemente traumatizzanti, come degli abusi sessuali, che avrebbero subito in tenera età, rimossi e successivamente ricordati, ma in realtà mai verificatisi (Ulatowska J., Sawicka M., 2017).
La sicurezza nei loro ricordi ha portato tantissime di queste persone a denunciare chi era stato identificato all’interno della psicoterapia come l’artefice di questi abusi, trascinando in tribunale i propri padri, madri, fratelli, zii, preti, vicini di casa, ecc (Loftus E.F., 1993).
La stessa giurisprudenza Americana si è modificata nel corso degli anni per poter far fronte a questo tipo di indagini: prima degli anni novanta rifiutava di iniziare cause che avessero come presupposto presunti reati accaduti molti anni prima, successivamente ha ammesso la possibilità di impostare processi sui ricordi riemersi anche di eventi passati (Loftus E.F., 1993). Inoltre, numerosissimi sono stati i casi, susseguiti nella storia, di memorie recuperate di abusi sessuali subiti anni prima, anche al di fuori del contesto terapeutico, che si sono successivamente dimostrate vere (Ulatowska J., Sawicka M., 2017).
Purtroppo i dati mostrano che i casi di abusi sessuali e pedofilia siano effettivamente frequentissimi. Negli Stati Uniti d’America uno fra i più famosi è quello, da cui è scaturito anche un film: “Il caso Spotlight”, che ha visto coinvolti i preti di Boston, scoperti grazie ad un’inchiesta del giornale “Boston Globe” iniziata nel 2002, con la conseguenza che “nel settembre 2003 l’arcidiocesi di Boston pagò circa 85 milioni di dollari come risarcimento nei confronti di molte delle vittime di abusi e nell’agosto 2011 l’arcidiocesi di Boston ha pubblicato una lista con i nomi di 159 preti accusati di pedofilia” (il Post, 2016). Alla luce di questi dati appare legittima quindi l’accettazione dei giuristi di impostare cause penali e civili sulla base di presunti abusi sessuali che sarebbero avvenuti anni prima, anche se rivendicati durante la terapia grazie alla riemersione dei ricordi. Esistono, infatti, casi nella storia in cui si è osservato che è possibile recuperare ricordi di eventi accaduti veramente, fortemente traumatizzanti e rimossi, attraverso la psicoterapia (Mack J.E., 1980, citato in Loftus E.F., 1993).
Tuttavia, in accordo con Elizabeth Loftus (1993), è davvero importante sottolineare che non è sempre così, è necessario spiegare, soprattutto ai giuristi, che in alcuni casi può realmente essere solo frutto della mente degli psicoterapeuti, convinti che esistano indicatori di abuso, come gravi sintomi psicosomatici o indicatori di repressione dei ricordi traumatici, come i disturbi alimentari, la depressione e la paura del buoi (Ulatowska J., Sawicka M., 2017), e che le condizioni psicofisiche dei pazienti possano migliorare a seguito del recupero dei ricordi traumatici. Per esempio, nel caso citato da Loftus (1997) una donna Nadean Cool, negli anni ottanta, durante una terapia presso uno psichiatra, ricorda di aver subito violenze sessuali all’interno di un rito satanico, ma anche di avere lei stessa stuprato animali ed essersi cibata di bambini, episodi di cui la donna non aveva memoria fino a prima e che non erano nemmeno mai accaduti. Tutto questo è emerso attraverso l’utilizzo di pratiche terapeutiche che possono suggestionare una persona, come l’ipnosi (Loftus E.F., 1997). In un altro caso, citato da Loftus (1993), un’altra donna Patti Barton, sempre negli anni ottanta, all’interno del contesto terapeutico, dopo circa trenta sedute, ricorda di aver subito violenze sessuali da parte del padre; nello specifico, il terapeuta aveva indotto la propria paziente ad immaginare eventi del proprio passato da cui è poi scaturito il ricordo degli abusi, ricordi che sono diventati sempre più pesanti nelle sedute successive. Ancora, in un altro caso, sempre citato da Loftus (1993), un uomo Paul Ingram, alla fine degli anni ottanta, accusato di aver violentato la figlia, si dichiara innocente. Successivamente le “pressioni” delle autorità, come il detective che gestiva il caso, si dichiara colpevole, convincendosi di quello che gli era stato da loro impiantato. Tuttavia, come riportato da Loftus (1993), l’uomo ricordava anche eventi, mai accaduti realmente, ideati da uno psicologo, all’epoca interpellato all’interno del processo, che poi aveva inculcato nell’imputato attraverso le stesse procedure usate precedentemente dal detective, come pressione sociale e pratiche che prevedevano l’atto di immaginare (per un approfondimento sui casi citati, si veda Loftus E.F., 1993).
Questi esempi mostrano quali siano le reali conseguenze, anche legali, di questo fenomeno della memoria e delle pratiche utilizzate in psicoterapia. È chiaro che il problema non riguardi solo la “vittima” che, oltre al malessere per cui decide di andare in terapia, si fa carico anche delle conseguenze relative ad una causa giudiziaria, a livello di costi economici, ma anche emotivi; tutto ciò riguarda anche il “carnefice”, che oltre a dover affrontare gli stessi costi, rischia di essere condannato per qualcosa che, in alcuni casi, non ha mai commesso. Spesso fra questi ultimi vi sono i preti. “La chiesa cattolica ha già pagato più di 1 miliardo di dollari di danni” a causa di processi in cui sono stati interpellati “esperti” convinti che il corpo possa esprimere traumi rimossi, “facendo credere alle giurie che il dolore vaginale potrebbe indicare un lungo stupro dimenticato; che il dolore al collo di un querelante potrebbe indicare la forza della mano di uno stupratore” (Loftus E.F., 2004). Nonostante il fatto che, in questi casi, eventuali danni civili siano a carico della chiesa, il costo emotivo e i risvolti a livello pubblico e nella vita personale di questi individui sono ugualmente gravi.
Più avanti approfondiremo quali siano le credenze degli stessi esperti e delle persone non competenti in materia, relativamente alla possibilità che riemergano alla memoria ricordi di esperienze traumatiche, come abusi sessuali presumibilmente subiti nell’infanzia, all’interno e attraverso la psicoterapia.