I ricordi traumatici sono resistenti alle distorsioni?
Succede spesso che il testimone parte offesa riferisca su un fatto che ha subito che, per delle caratteristiche di estrema intensità, qualificato come evento traumatico.
Numerose sentenze qualificano questo tipo di ricordi in modo qualitativamente diverso dai ricordi “normali” quasi come se questo tipo di ricordo sia una specie di “cicatrice della memoria”. Ad esempio, nel cd caso del Prete di Bolzano nella sentenza di secondo grado, riferendosi al ricordo estremamente dettagliato (su dettagli periferici) si giustifica l’ipermnesia della ragazza proprio chiamando in causa una specie di immunità del ricordo traumatico alle normali leggi che governano i ricordi autobiografici.
In altri termini, nel valutare l’attendibilità intrinseca della dichiarazione e la credibilità del testimone di solito si considera il ricordo traumatico come una specie di evidenza di qualità .
Le ricerche sulle memorie traumatiche sono difficili da condurre in laboratorio visto che, per ovvi motivi, non è possibile esporre dei soggetti a traumi per verificarne gli effetti sulla capacità di ricordarli a distanza di tempo. A differenza di altre tematiche di ricerca sulla memoria del testimone ci sono molti problemi quindi per raccogliere dati empirici su questo argomento.
Alcuni autori (Morgan, et al. 2013) hanno avuto l’idea, ingegnosa, di usare come soggetti sperimentali 800 militari che venivano sottoposti, per addestramento, a situazioni simili a quelle a cui sono sottoposti i prigionieri a dei prigionieri di Guantanamo Bay (harsh interrogations) che includevano percosse, mantenimento prolungato di posizioni dolorose etc.
I risultati di questa ricerca hanno confermato che il ricordo a distanza di 12 ore dall’interrogatorio mostrava una percentuale di errori elevata con tipologie di errori inaspettate (almeno dal punto di vista dell’intuizione soggettiva). Ci sono stati 26/561 soggetti che hanno sbagliato nel descrivere la razza di colui che conduceva l’interrogatorio. Di questi, 20/26 hanno erroneamente descritto l’interrogante causcasico come afro-.americano!
Altezza e corporatura erano correttamente riportate in 621/861 (72%) delle volte ma dei 240 errori relativi all’altezza 194/240 sono consistiti nel descrivere l’interrogante piccolo di altezza come invece alto.
Questo studio inoltre ha mostrato un aumento abnorme e poco atteso degli errori nel ricordo a 12 ore di distanza a seguito di esposizione a informazione fuorviante sotto forma di domande suggestive, di fotografie (errate) fuorvianti e di video (errati) fuorvianti.
Sui dettagli neutri e non neutri gli effetti delle informazioni fuorvianti sono stati molto ampi. Gli errori sul “telefono” andavano dal 10% al 98%. Dopo sollecitazione al ricordo mediante domande suggestive. Anche dettagli meno neutri come l’arma (portata dall’interrogante) mostravano aumenti dal 3% al 27% degli errori.
Questi dati , raccolti in situazioni realistiche, di esposizione a situazioni altamente stressanti hanno prodotto a sole 12 ore di distanza una quantità di errori inaspettata. Ancora più inaspettato è l’effetto delle informazioni fuorvianti sul ricordo che vine nettamente peggiorato anche per i dettagli rilevanti nella descrizione dell’evento stressante stesso (es. arma).
In breve, questa ricerca dimostra come non sia vera l’assunzione che l’evento traumatico svolga una specie di protezione del ricordo rendendolo più accurato oppure meno soggetto alle forme di interferenza che agiscono normalmente.
Le evidenze circa le distorsioni nel ricordo traumatico sono spiegate da fenomeni ben noti come i problemi di source monitoring. Il soggetto che subisce un trauma e sviluppa un Disturbo Post-traumatico da Stress (DPTS) presenta come sintomo pensieri intrusivi, immagini e in generale images, tende a rivivere in modo intrusivo il trauma. Oltre a questi fenomeni non intenzionali ci sono in ambito giudiziario dei ricordi intenzionali perché sollecitati da dichiarazioni agli investigatori, a parenti ed amici e a terapeuti.
Le ricerche su casi reali che dimostrano questi fenomeni sono state condotte da Nourkova et al. 2004; (2) che hanno indotto i testimoni nel riportare un animale ferito inesistente dopo aver visto un servizio su degli attentati ad appartamenti di Mosca.
Questi fenomeni di amplificazioni sono stati dimostrati non solo su testimoni di eventi traumatici ma anche sulle vittime stesse. Ci sono tre studi che dimostrano come i soggetti esposti ad eventi traumatici riportino a distanza di tempo di aver esperito eventi che inizialmente non avevano riportato. Ad esempio, Southwick et al.(1997; 3) hanno chiesto a dei veterani dell’operazione Desert Storm di descrivere dopo 1 mese e dopo 2 anni i fatti traumatici a cui erano stati esposti durante le operazioni sul campo. Hanno trovato che l’88% dei veterani cambiavano almeno una risposta e 61% ne cambiavano più di una facendo diventare l’originaria risposta “non mi è successo” in “mi è successo” . Ad esempio mentre prima dicevano di non essere stati bersaglio di cecchini distanza di due anni riportavano di esserlo stati dimsotarndo una specie di amplificazione della memoria. Secondo le interpretazioni più accreditate l’amplificazione della memoria del trauma è stimolata da pensieri ed immagini riconducibili ad eventi di guerra e questo trova conferma in una correlazione significativa fra le ri-esperienze e l’amplificazione del ricordo.
(1) Strange, D., & Takarangi, M. K. (2015). Memory distortion for traumatic events: the role of mental imagery. Frontiers in psychiatry, 6, 27. doi:10.3389/fpsyt.2015.00027
(2) Nourkova V, Bernstein DM, Loftus EF. Altering traumatic memory. Cogn Emot (2004) 18:575–8510.
(3) Southwick SM, Morgan CA 3rd, Nicolaou AL, Charney DS (1997) Consistency of memory for combat-related traumatic events in veterans of Operation Desert Storm.Am J Psychiatry. 1eb; 154(2):173-7.